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Il metano e la sua estrazione in Polesine: un sogno che diventa incubo

Vecchi pozzi estrazione metano a Ca' Pisani dal gruppo Facebook Polesine, scatto di Moreno Bonifacio

Fino a poco fa, i pozzi per l’estrazione del metano in Polesine continuavano a lavorare. Le conseguenze le conosciamo un po’ tutti ma è sempre bene ricordarle: l’abbassamento del suolo e l’aumento della possibilità di alluvioni nel territorio. Parlo quindi del fenomeno della subsidenza, che dagli anni ’30 agli anni ’60 ci ha caratterizzati. Di solito avviene in modo naturale ed è lento, ma nel nostro caso, proprio a causa delle trivellazioni la cosa si è velocizzata.

Vecchi pozzi estrattivi di metano ph dal gruppo Facebook Polesine scatto di Giuliano MancinVecchi pozzi estrattivi di metano ph dal gruppo Facebook Polesine scatto di Giuliano Mancin

In cosa consiste? E’ appunto, l’abbassamento del suolo dovuto a processi geologici dell’ambiente stesso (come i movimenti tettonici, costipazione dei terreni, l’ossidazione delle torbe) oppure può avere natura antropica, ossia legato all’azione proprio dell’uomo. Ovvero causata da noi. Lo sprofondamento comportato ci ha reso più vulnerabili ad inondazioni, basti pensare a quella del 1951. L’estrazione fu giustamente sospesa e da allora si eseguono costanti interventi per mantenere la sicurezza.

Storia

Immagine pozzo metano presso Taglio di Po ph dal gruppo Polesine in Faceboook, scatto di Vinicio ZanardiImmagine pozzo metano presso Taglio di Po ph dal gruppo Polesine in Faceboook, scatto di Vinicio Zanardi

Nel 1935 le prime perforazioni con ben 13 pozzi e una centrale di compressione. Non ci è parso vero di poter diventare ricchi con una risorsa naturale e così ci siamo gettati “anima e core” in questa illusione, degna dei migliori maghi. Pensate, infatti, che appena 4 anni dopo, perciò nel 1939, il numero dei pozzi era lievitato a 64 e le centrali triplicate. Che dire? Ci abbiamo creduto decisamente molto. Fortunatamente la guerra ha bloccato questa cosa per un breve periodo. Nel 1946 il gas estratto superava i 26 milioni di m³ e nel 1950 erano qualcosa di pazzesco: 170 milioni di  m³.

L’industria metanifera si stava sicuramente sfregando le mani e con ragione. Era una sorta di manna caduta dal cielo. Il Polesine sarebbe diventato ricco, una possibilità che non era mai capitata e che ci avrebbe liberati dal essere solamente agricoltori. Classico ragionamento della maggior parte di noi: battere il ferro finché è caldo. Perciò sfruttiamo questo colpo di fortuna e cavalchiamo “il metano” più che l’onda.

Fine di un sogno/incubo

I pozzi attivi erano 993 nell’anno in cui ci fu la terribile e devastante alluvione del Po del 1951. Erano concentrati soprattutto sul delta. In seguito proprio a quel disastro, iniziarono le ricerche per capire cosa fosse accaduto. Da subito si notò l’abbassamento e immediatamente il collegamento con l’estrazione del periodo venne fatto. Ovviamente, non venne subito data la giusta importanza al problema e nel 1959 si parlava di 1424 pozzi per la bellezza di oltre 281 milioni di  m³ di gas. Ci si è limitati a sorvegliare la situazione.

Lo sprofondamento raggiunse punte di 3,5 m e il nostro amato delta era quello che rischiava maggiormente. Il 1961 fu l’anno della svolta. Tutte le centrali comprese tra Adria e il mare dovettero chiudere “baracca e burattini” e finalmente  questo problema venne preso in modo serio e trattato per porvi rimedio. Il Consorzio di Bonifica si occupa della salvaguardia del territorio, compresi gli interventi per arginare proprio questo fenomeno.

Fonte libro Dove Finisce Il Fiume. Vecchi pozzi estrazione metano a Ca’ Pisani dal gruppo Facebook Polesine, scatto di Moreno Bonifacio

Il metano e la sua estrazione in Polesine: un sogno che diventa incubo ultima modifica: 2019-02-07T11:31:46+01:00 da Sibilla Zambon

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