Già nei primi decenni del Cinquecento si erano rapidamente diffuse a Rovigo ed in tutto il Polesine, associazioni di laici sotto forma religiosa, erette per esercitare opere di pietà e di carità, puntando ad aumentare il fervore religioso ed incrementare il pubblico culto. Venivano denominate confraternite. Risultavano attive soprattutto nell’assistenza a poveri e bisognosi ma anche nel conforto degli ammalati e nel recupero degli emarginati.
Le confraternite in Polesine
Le confraternite erano di solito legate ad una parrocchia o ad una chiesa e contavano numerosi aderenti. Ad apertura del ‘600, le confraternite sono numerosissime in Polesine. La sola Rovigo ne annoverava ben quindici e sette erano ad Adria. Molte altre erano distribuite nel territorio, sia nei centri maggiori sia in quelli più piccoli. Fra le più importanti confraternite rodigine, oltre a quelle del Rosario e della Concezione, ci sono quella del Corpo di Cristo che nel 1603 arrivava addirittura a 1500 iscritti (più degli abitanti della parrocchia di Santo Stefano da cui dipendeva) e che si occupava in particolare dell’ospedale di Santa Maria della Misericordia.
Poi troviamo un’altra rilevante confraternita cittadina era quella dei Battuti. Si occupava della gestione di un ospedale attivo nei pressi di Mardimago (a pochi km dalla città) e che si era addirittura eretta una chiesa attigua a quella di Santa Giustina. Proprio nel corso del ‘600 però, riorganizzate secondo i nuovi criteri dettati dal concilio di Trento e sempre più ispirati all’indirizzo dell’uniformità, le confraternite diventarono (come scrive il Mazzetti), delle “realtà statiche, devozionali, sollecite della propria sopravvivenza e dei propri privilegi, inserite, tramite i priori e i massari, nel tessuto amministrativo della città, partecipi delle decisioni e dei metodi di conduzione imposti dalla oramai ristretta cerchia nobiliare rodigina”. Continueranno, in questa forma sempre più stereotipata, a sopravvivere fino a tutto il Settecento, per poi sparire con i primi anni della dominazione francese.
La confraternita dei flagellanti
Un caso molto singolare è rappresentato dalla confraternita dei flagellanti della SS Trinità di Loreo. Fondata nel 1608 dal vescovo Lorenzo Pezzato, sopravvive con molti iscritti ancora oggi. Continua a celebrare l’antico mito ogni 28 maggio (vigilia della festa della Trinità), nello stesso oratorio fatto erigere nel 1613. I numerosi confratelli, giunti a Loreo da diverse e lontane località (come raccontava Piergiorgio Bassan), “a mezzanotte sono chiamati a raccolta dalla campana dell’Oratorio, dove si svolge la cerimonia pubblica della vestizione e del giuramento. I novizi, invitati dal padre guardiano e dal priore, prestano giuramento sulla Croce e sul Vangelo, dopo aver indossato, aiutati dai rispettivi padrini, il caratteristico saio rosso. Al termine di questo rito, gli estranei escono dalla chiesa. I confratelli iniziano pratiche religiose conosciute come orazioni mentali con la disciplina che la Costituzione della Confraternita stabilisce con rito segreto.
Poi i “fradei” escono in processione, coi cappucci rossi calati sul saio, impugnando torce e candele accese. Dopo due chilometri la processione raggiunge la chiesa del Pilatro per le preghiere ai defunti. Gli incappucciati rientrano nell’oratorio all’alba, ed inizia, subito dopo, la celebrazione della messa. A quest’ultima assistono, in preghiera, anche le consorelle della Trinità, che sono escluse dal rito notturno. Attorno alle cinque, la scuola dei “fradei”, si conclude con la benedizione impartita dal Padre guardiano e con gli auguri del Priore”. La flagellazione col cilicio e le mortificazioni a porte chiuse nella chiesa buia sono ormai dei simboli. Tuttavia il rito resta magico, avvolto in quell’alone di mistero che costituisce anima ed attrazione insieme.
Foto: TripAdvisor, Gazzettino, Diocesidichioggia. Fonte: Sergio Garbato