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Elena Zulato miss in pigiama
Interviste

Elena Zulato – L’intervista e la storia della rodigina miss in pigiama

Elena Zulato, classe ’79, a soli 10 anni ha scoperto di essere affetta dal morbo di Crohn. Nel 2002 ha fatto Miss Italia, diplomata al liceo artistico di Rovigo e laureata in Scienze naturali a Ferrara. Nulla riesce a fermarla, la ragazza è una grande guerriera e ha fatto pure l’Erasmus in Spagna nonostante la complessità del morbo. Ora sta scrivendo un libro che si intitolerà “La Miss in pigiama” ovviamente perché è il vestito che ha indossato di più nella sua vita e devolverà il ricavato alla ricerca di questa malattia. Ha trovato l’amore, si è sposata ed ovviamente lavora anche!

L’intervista

Ciao Miss, posso darti del tu vero? Innanzitutto volevo subito rasserenarti spiegandoti che a me non piace riportare banalmente la vita delle persone, perché ritengo che tutte abbiano un senso e vadano rispettate. Ritengo fondamentale che sia proprio il protagonista a raccontarla tramite semplici domande così da svelarci, se ti va, una parte della tua anima. Una sorta di regalo a tutte le persone che sentono il bisogno di ascoltare ciò che racconti: io sono una di quelle persone. La malattia è di per sé snervante. Ti ruba ogni energia, ogni sorriso, ogni voglia di esistere. Tu sei cresciuta insieme al morbo di Crohn, raccontaci di cosa si tratta.

È una malattia autoimmune  in cui  il sistema immunitario aggredisce il tratto gastrointestinale provocando l’infiammazione. Causa principalmente dolori addominali, con perdite talvolta ematiche, vomito o calo di peso ma può causare anche complicazioni in altri organi e apparati, come eruzioni cutanee, artriti, infiammazione degli occhi, stanchezza e mancanza di concentrazione. È nota anche come enterite regionale ed è una malattia infiammatoria cronica dell’intestino (MICI). 

Tantissime le complicazioni come: ulcerazioni con conseguenti cicatrizzazioni e formazioni di stenosi che poi devono essere rimosse chirurgicamente, fistole cioè canali che si formano tra l’intestino e altri organi che poi danno ascessi che devono essere bonificati e asciugati.  Altri sintomi sono: febbricola onnipresente, scarso sviluppo in età pediatrica di tutto ciò che riguarda la muscolatura, difficoltà importante nell’alimentazione perchè i cibi sono assimilati in modo errato soprattutto se si sono avute delle resezioni. 

La malattia

Molti pensano che siano banali fitte addominali che ti costringono ad andare in bagno, ma la realtà è ben diversa dunque. Tu hai subito, se non sbaglio, molti interventi e pure un trapianto. Riconoscere i primi sintomi e fare una diagnosi precoce può aiutare? Mi spiego meglio, un genitore come riesce a capire che potrebbe trattarsi di questa malattia?

Una tempestiva diagnosi è, come per ogni malattia, fondamentale.  Alcuni sintomi sono facilmente riconoscibili come: astenia, calo ponderale, dolori addominali, ma anche febbricola, scariche frequenti, forti mal di testa. Può però essere anche asintomatica, cioè non dare sintomi evidenti, ma con un prelievo del sangue già si può avere un quadro che può portare il pediatra a fare esami diagnostici più specifici per avere una diagnosi. Io all’epoca avevo un pediatra che ci ha mandato subito a Padova e dopo due mesi di esami siamo arrivati alla diagnosi grazie alla colonscopia. Che è ad oggi l’esame diagnostico più indicato perché tramite l’esito della biopsia si ha una diagnosi certa. 

È una patologia molto soggettiva per cui ci sono persone che stanno bene, mangiano tutto e non hanno particolari disturbi, curandosi con farmaci blandi e chi invece non risponde alle terapie biologiche (immunosopressori e biologici chemioterapici) e sono quindi costretti a subire interventi di resezione intestinale e talvolta portare ileostomie temporanee o permanenti. Certo è importante scoprirla subito per iniziare una terapia adeguata. Logicamente se viene sottovalutata o non si da’ il giusto peso si rischia di andare in pronto soccorso con l’intestino ulcerato, per esempio, e di subire interventi rapidi e non programmati perciò decisamente più demolitivi per il corpo.

Piazza Matteotti

Come sei riuscita a superare il periodo dell’adolescenza, che già di sè è una fase molto particolare?

I miei amici mi hanno aiutato tanto.  Io sono cresciuta con la terapia del monumento. Intendo compagnia ovviamente. Piazza Matteotti. Sono cresciuta con loro, siamo tuttora amici ed è stata una terapia nel senso che anche se stavo meglio fisicamente al tempo, facevo comunque molti ricoveri e loro sono sempre stati presenti. Venti anni fa il mio fisico era diverso: rispondevo alla terapia del cortisone, avevo fatto meno interventi però avevo molti disturbi e loro malgrado tutto erano lì. Un angolo di spensieratezza.

La crescita

Cosa ti ha aiutato a crescere fino a diventare la bellissima guerriera che sei?

Sfatiamo subito il mito che sia una malattia psicosomatica perché io comunque ero una bambina che faceva 6 km al giorno in un ora e un quarto tutti i giorni. Praticavo nuoto agonistico, ero serena, con una famiglia serena, ho sempre mangiato di tutto ed ero il ritratto della salute. Può succedere a chiunque, è una malattia che si scatena all’improvviso. I miei genitori mi hanno dato la forza e la consapevolezza di poter superare questa prova; la loro vicinanza, l’educazione che mi hanno dato nel portare avanti anche le diete che non erano facili. Considera che mi sono nutrita per 15 anni con il sondino naso gastrico che mettevo la sera e toglievo la mattina.

Anche durante il periodo universitario, lo mettevo la notte perchè non volevo che le persone si focalizzassero su una persona malata ma che mi vedessero per come ero. Non era facile perchè non potevo toccare il cibo durante il giorno per mandare in remissione la malattia e mettere a riposo l’intestino. Tutto questo per dirti che sicuramente aiuta un ambiente familiare con pensiero positivo che stimoli la persona a vedere le cose sotto un altro punto di vista, rendendo le cose brutte, cose belle ed è per questo che in vari convegni i pediatri affiancano la mia foto alla parola resilienza perché significa proprio trasformare gli eventi negativi in positivi. Non è facile ma ci si può riuscire.

Miss Italia

Nonostante tutto, hai trovato l’energia per realizzare i tuoi sogni, hai fatto Miss Italia, ti sei laureata, ti sei sposata. Cosa ti ha aiutato a crescere fino a diventare la bellissima guerriera che sei?

Per quanto riguarda Miss Italia, eravamo 26500 ragazze e arrivare tra le prime 24 è stato un grande traguardo perchè stavo male e non avevo la stessa spensieratezza delle altre ragazze. Una cosa che ho voluto fare io perché i miei genitori amano l’essere più che l’apparire. Una sfida con me stessa che ho fatto con serenità, come un gioco. L’Università la consideravo un privilegio, mi piaceva studiare e tutto ciò che è normale per me è bellissimo, come la quotidianità che per qualcuno è scontata.  Ho cercato di fare tutto dando del mio meglio e con serenità. 

Il quotidiano

Cosa significano per te le parole “normale”, “vittoria”, “sacrificio”?

Normale è una cosa meravigliosa. Tutti si lamentano del fatto che si devono alzare per andare a lavorare, io invece quando esco per andare al lavoro, guardo il cielo e mi scende una lacrima perchè sono contenta di vivere una giornata e non di sopravvivere e quindi diventa una grande vittoria. Perciò la normalità è una vittoria perché vivere è un dono. Mi hanno insegnato questo i miei genitori, ma anche che devo trovare la forza in me e poi nelle persone. Sei tu che devi far scattare nella tua testa quel meccanismo per cui devi capire il sacrificio: per me il sacrificio del cibo.

Tuttora lo faccio perché mi nutro con un separato in polvere simile al latte in polvere fatto apposta per il morbo di Crohn ed è un alimento completo che sfiamma la mucosa intestinale. Infatti nonostante gli interventi chirirgici e il trapianto di midollo sono refrattaria a tutte le terapie convenzionali. Ho avuto shock anafilattici ma grazie a questa forma di nutrizione riesco a tenere la malattia sotto controllo e avere un giusto apporto nutrizionale.

La miss in pigiama, Elena Zulato insieme ai genitori

Hai mai pensato che questa malattia fosse più forte di te?

Tutti i giorni cerca di mettermi KO perché comunque non si sta mai bene. Piango, mi sono chiesta tante volte perché a me. Però ho sempre pensato che la vita sia troppo bella e importante per darla vinta a questa malattia. Per cui se anche psicologicamente soffro, sono felice e guardo quello che posso fare e traggo gioia da questo piuttosto che rimuginare su ciò che non riesco a fare.

L’impegno nel sociale

Si può diventare amici di una malattia cronica?

Amici no, però si  può collaborare cercando di capire quello che il corpo ti dice e andare avanti per realizzare ciò che si sogna. Amici è una parola grande, per cui lo definiamo un compagno di viaggio scomodo che riconosciamo e andiamo avanti perché non si può tornare indietro.

Ho visto che sostieni A.M.I.C.I con molta enfasi e coinvolgimento personale. Puoi spiegarci cos’è e perché è nato questo amore?

È l’associazione malattie infiammatorie croniche dell’intestino. Ha sede a Milano e l’ho conosciuta il 20 Maggio alla giornata mondiale delle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) dove le maggiori città si tingono di viola.  Poi ho fatto il camp dove ho incontrato molti bambini con questa patologia e ragazze che avevo solo conosciuto tramite messaggio. Quando porti le stessa cicatrici, ti senti un po’ come a casa perché è una solidarietà di chi può capire fino in fondo il dolore e il disagio che ognuno prova. Non pensate al camp come un camp di tristezza ma come un inno alla vita.

I bimbi sono dei piccoli eroi che regalano sorrisi, affetto e abbracci. È più semplice se le cose si fanno con la consapevolezza dei propri limiti. Undici anni fa io ho conosciuto Riccardo, mio marito. Mi ha vista con il sondino naso gastrico, ero appena stata operata e camminavo con le stampelle, però lui non si è fermato, è andato oltre. Penso sia stato un grande dono di Gesù che mi ha mandato uno dei suoi angeli.

La miss in pigiama Elena Zulato insieme al marito Riccardo

Rovigo

Rovigo, ti ha aiutato nel tuo percorso? Quali sono i posti di Rovigo che per te sono magici? Ci sono luoghi che in qualche modo ti hanno scaldato nei giorni più freddi, donandoti luce e speranza?

Rovigo a me piace, è la mia città, io non sono potuta andare lontano però non è un accontentarsi! Io sono molto felice ed orgogliosa di ciò che ho raggiunto qui. È una città tranquilla, c’è tutto,è la mia città  ed è inutile girare il mondo se non si ha la pace nel cuore, la serenità dentro. A me Rovigo piace così come è. Molti sono dovuti andarsene più per cercare un lavoro, come uno dei miei due fratelli, importanti entrambi nella mia vita, che vive a Berlino mentre l’altro gioca a rugby proprio qui a Rovigo. Io amo questa città e ci sto proprio bene.

Il dono più grande della tua famiglia, ma soprattutto il consiglio più importante che ti sentiresti di offrire a tutti i genitori?

Donate amore. Quando c’è amore, c’è rispetto, fiducia. Date amore con fermezza e gioia, sicurezza e temperamento ma sempre con il sorriso. Valutate le cose con il giusto peso. Educate i vostri figli alla sensibilità di non giudicare le persone sulla base di disabilità visibili o meno. Educateli all’accettazione di tutte le persone con le proprie personalità indipendentemente. Educateli all’amore verso il prossimo, a stare con altri bimbi. A parlare senza social, a stare tutti assieme, al rispetto per la vita perché l’unica droga deve essere la gioia di vivere rispettando il corpo. A sentire tutto come un grande dono.

Il consiglio

In ogni tua foto non si può non notare il tuo sorriso: un inno alla vita. Complimenti per la forza e il coraggio, per la felicità e semplicità, per essere esempio e per essere contagiosa. Quel sorriso che nella mia vita ho incontrato in poche persone, il sorriso di chi ti apre la porta scaldandoti il cuore. Il sorriso di chi ha molto dolore ma consola chiunque ne abbia bisogno, chiunque lo abbia perso. Hai voglia di regalarci altri pensieri?

Per me la malattia non è la fine dei sogni, perché la vita è un dono ed io, come mi dice sempre mio papà, devo provare a vivere ogni giorno come se fosse il più bello della mia vita, aggiustare le vele anche quando la direzione del vento cambia. Loro mi hanno dato amore, educandomi ad amare la vita. E poi la fede, la fede nella vita, la fede in Dio. La fiducia che ci possono essere giorni pesanti posso cadere 10 volte e rialzarmi 11, ma anche se piove può essere bella anche la pioggia.

In una società che bandisce l’imperfetto,  che esalta il successo e non il valore. Dobbiamo sensibilizzare le persone perché nessuno dovrebbe mai vergognarsi di essere malato, non è una colpa. Anzi. Sono sincera, sicuramente avrei preferito stare bene. Il dono della salute è immenso e chi ce l’ha non se ne rende conto e lo da’ per scontato. Ma io, da tutta la sofferenza, ho imparato molto. Ho capito cosa conta veramente, so gioire anche per una passeggiata, per un raggio di sole, per una candela accesa in una sera di pioggia. Ho imparato a far tesoro dell’amore, a ringraziare ogni giorno vissuto.

La dedica

Questo articolo è dedicato a tutte le donne guerriere, quelle del sorriso profondo e pieno di voglia di vivere. Ma soprattutto è dedicato a due donne straordinarie che quest’anno hanno perso una battaglia ma non la guerra. Perché hanno vinto amore, stima, ricordo eterno da parte di tutti quelli che hanno avuto la fortuna di incrociare anche solo per qualche attimo la loro vita. In memoria di mia zia Margherita e della mia cara amica Chiara. Le donne che donavano a tutti anche nei loro momenti più tristi e mi hanno insegnato che la vita va vissuta sempre con un gran sorriso. Proprio come quello di Elena.

Elena Zulato – L’intervista e la storia della rodigina miss in pigiama ultima modifica: 2017-11-18T20:30:09+01:00 da Sibilla Zambon
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