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Esploratori Polesani – Giovanni Miani, fino alle sorgenti del Nilo

Un ritratto di Giovanni Miani esploratore rodigino

“Un italiano di nome Miani si è spinto lungo il Nilo più oltre di tutti coloro che lo hanno preceduto e proprio lui, come chiaramente risulta, è stato quello che ha inciso il proprio nome su un albero nei pressi di Apuddo”. Così si esprimeva John Speke, lo scopritore (nel 1862) delle sorgenti del Nilo. A quelle sorgenti, Giovanni Miani non è mai giunto, mancando l’obiettivo per sole cento miglia.

Giovanni Miani

Difficoltà insuperabili, informazioni sbagliate e sfortuna avevano avuto la meglio sulla sua volontà ormai stremata e su quell’indomito coraggio che gli aveva valso, fra le tribù locali, l’appellativo di “leone bianco“. In Africa, Miani era arrivato ormai quasi cinquantenne, dopo una vita intensa e avventurosa, segnata dall’inquietitudine e dall’inesausto desiderio di lasciare durevole traccia di sè. Era nato a Rovigo nel 1810, figlio di una modestissima merciaia e di padre ignoto.

In città, Giovanni, trascorre i primi quattordici anni, dopo di che raggiunge la madre che, a Venezia, è a servizio del nobile Alvise Bragadin, il quale, dal canto suo, accoglie benevolmente il ragazzo facendolo studiare. Alla sua morte il giovane eredita un cospicuo patrimonio che però dilapida nel giro di pochi anni nell’utopico tentativo di pubblicare una mastodontica enciclopedia universale della musica. Accorre alla difesa della Repubblica Veneta e successivamente vaga tra Malta, Costantinopoli ed il Cairo. Qui trova occupazione come insegnante di italiano e francese.

Le sorgenti del Nilo

Come osserva Franco Cimino : “Miani si trovò a far parte di quella schiera di viaggiatori solitari che avrebbero dato la vita pur di riuscire a scoprire le sorgenti del Nilo”. Per realizzare questo sogno e spegnere la propria sete d’avventura, l’esploratore spende tutta la sua vita, senza alcun risparmio. Si mette a studiare, si mette davanti carte e percorsi, le riscrive, le rielabora, cerca di risalire, addirittura, alle fonti antiche. Purtroppo però, le sue spedizioni, pur organizzate con grandi difficoltà, non sortiscono i risultati sperati.

L’ultima di queste, nel 1872, si risolve addirittura con la morte dello stesso Miani. Egli, dopo sofferenze indicibili, muore durante il viaggio di ritorno da una lunga e complicata incursione nel bacino del fiume Uelle, mai esplorato prima. Furono in parte dispersi, ancor prima di giungere a destinazione, i molti reperti raccolti da Giovanni durante le sue spedizioni.

Il lascito

I suoi resti, fortunosamente riportati qualche anno più tardi in patria, vengono affidati all’Accademia dei Concordi di Rovigo, dove ancora oggi sono conservati. L’albero con sopra inciso il suo nome, oggi in Uganda, il «Miani’s tree», allora il punto più meridionale raggiunto in Africa da un europeo, veniva indicato, nelle mappe africane disegnate dagli inglesi ancora agli inizi del ‘900, come un punto geodetico di assoluta rilevanza geografica.

La collezione etnografica di Miani è da lui stesso definita in una nota al Direttore dell’allora museo Correr di Venezia, cav. Lazari, come un insieme di: “prodotti naturali, articoli d’abbigliamento e di costume, armi, prodotti industriali, ceramica e mummie umane, di coccodrilli e ornitorinchi”. Tale patrimonio di aggira attorno ai 1800 oggetti di varie tipologie. Nel 1866 la collezione entra a far parte effettiva del patrimonio veneziano. E’ al primo piano dell’attuale edificio, allora sede anche delle collezioni d’arte del Museo Correr e oggi rinnovata sede del Museo di Storia Naturale di Venezia. L’intera collezione Miani è tutt’oggi esposta secondo le sue disposizioni.

Fonti: Sergio Garbato, EgittoVeneto. Foto: Twitter, Museo Storia Naturale Venezia, Alamo Stock

Esploratori Polesani – Giovanni Miani, fino alle sorgenti del Nilo ultima modifica: 2019-04-02T09:26:51+02:00 da Alessandro Effe

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