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Le reggitrici. Le donne forti sul corso del fiume

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Premetto che lo spunto nello scrivere questo articolo me lo fornisce il libro di Annalisa BoschiniLe reggitrici“, edito da Apogeo. Curiosando in rete ho trovato infatti diversi articoli che dedicavano spazio all’autrice polesana e ho deciso di andare più a fondo all’argomento. E’ un libro che rende giustamente omaggio alle donne, quello della Boschini. Ed è un libro che rende omaggio ad un altro protagonista dello scritto: l’acqua. Quella del grande fiume, che tante storie ha ispirato e tanti miti ha fatto nascere. A partire da quello di Don Camillo e Peppone, nati dalla penna di Giovanni Guareschi che fece di Brescello e del fiume Po scenari indimenticabili per generazioni di italiani che con quei romanzi (e coi film che ne sono susseguiti) ha avuto modo di conoscere l’Italia del dopo guerra, quella che rinasceva, con forza, coraggio e grande volontà. Era quindi impossibile per Annalisa non averlo come co-protagonista. Lei che, da Castelmassa, oltre al fiume, lambisce l’Emilia-Romagna.

Le reggitrici

Le protagoniste del romanzo della Boschini sono sedici donne che sono piene di fascino e di coraggio ed hanno tutto il merito di essere lette ed immaginate. Donne come tutte quelle che quotidianamente andrebbero celebrate e che, molto spesso, vengono invece ricordate solo in occasione di feste vuote e spesso prive si senso. Quello che mi ha spinto a proseguire l’indagine è la comunanza di queste donne, per più versi con quelle che, nei paesi dell’Emilia, prendono il nome di “rezdora“. Con il termine “rezdora” da quelle parti, si pensa subito ad una cuoca provetta figlia di una generazione lontana. Casalinga indaffarata a prepar pranzi e tirare la sfoglia. In realtà, con questo termine, ci si vuole riferire ad un significato molto più profondo. Che risale addirittura alla società rurale dei secoli passati.

Facciamo quindi un passo indietro e cerchiamo di scoprire insieme chi erano le “rezdore” e in che contesto nasce questo vocabolo usato spesso ancora oggi. “Rezdora”,”resdora”, “arzdoura” o“arzdaura”. Sono tutte parole dialettali (derivanti dal verbo latino “regere”, che vuol dire “dirigere”) con cui, nelle campagne, soprattutto emiliane, si chiamava la moglie dell’“azdour”, cioè il capofamiglia. Letteralmente vuol dire “reggitora” che significa “colei che conduce”. Si capisce quindi molto bene il titolo del romanzo della Boschini. Che racconta personaggi complessi, sfaccettati, piene di sfumature e coraggio. Sicuramente fuori dai comuni stereotipi. E che per questo mi hanno incuriosito così tanto.

Qui comando io

Immaginiamo per un momento di poter viaggiare nel tempo. Siamo nelle belle campagne emiliane, è l’alba. La vita, qui, inizia molto presto. Mentre il capofamiglia saluta tutti ed esce di casa per andare nei campi, la nostra rezdora inizia le faccende domestiche e non: accudisce i figli (tanti, a volte fino a 10/12 per nucleo famigliare), si occupa dell’orto, cura gli animali del cortile, tesse e fila, miete, raccoglie il foraggio per il bestiame e addirittura vendemmia. Tutte le altre donne della famiglia, figlie e nuore, dipendono da lei. “Qui comando io”: sono tre semplici parole che ripete con fermezza quando viene messa in discussione la sua autonomia decisionale nella casa che amministra.

La rezdora, quindi, non era semplicemente la “donna di casa” ma rappresentava molto di più: aveva un ruolo ben definito, una funzione sociale precisa. Accanto a tutto questo il grande fiume. Che scorre placido, in un processo che è di continua trasformazione e che, come un tutt’uno, è parte integrante di queste storie.

Fonte: Nonsolobuono, TimerMagazine. Foto di Copertina “La campagna veneta con la nebbia” by Guido Andolfato is licensed under CC BY-NC 2.0  

Le reggitrici. Le donne forti sul corso del fiume ultima modifica: 2020-02-28T07:32:26+01:00 da Alessandro Effe

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