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Il tempo delle Idrovore in Polesine, la storia ed i primi impieghi

Idrovora ponte foscari. Il tempo delle idrovore

Sono circa 80 le idrovore che ogni giorno lavorano per mantenere il Polesine all’asciutto. Il nostro territorio, infatti, si trova praticamente sotto il medio mare e, con le estrazioni metanifere degli anni Cinquanta si è innescato un meccanismo di abbassamento continuo. Per mantenere il territorio in sicurezza serve pompare continuamente acqua per mantenere il livello delle falde stabile. Tempo fa, intervenendo ad un workshop in Regione Veneto, ebbe a dire : “Una settimana senza idrovore, ed il territorio va sott’acqua. Se poi piove, basterebbe qualche ora”.

Le opere di bonifica in Polesine

Dopo la lunga dominazione veneziana, non erano più state svolte, in Polesine, opere di bonifica rilevanti. Ciò aveva portato al grave dissesto della situazione idraulica. Neanche l’occupazione francese dimostra oculatezza nel gestire questa situazione. In quegli anni (1806-1809) è comunque varata una legge molto innovativa che sarà il fondamento dal quale poter fare sorgere i moderni consorzi di bonifica. La successiva occupazione austriaca e la ricomposizione amministrativa del territorio, vede un rinnovato interesse per gli studi ed i progetti di bonificazione. Tuttavia, a parte alcune opere, non si passa ad una fase operativa. Nonostante un grande tecnico come Pietro Paleocapa, i progetti venivano continuamente procrastinati nell’esecuzione e, di volta in volta, venivano proposte varianti, mutamenti, restrizioni.

Una situazione, questa, che prosegue anche dopo l’annessione del Polesine al Regno d’Italia, nel 1866. In ogni caso nel 1849 a Cavarzere, presso il Consorzio Foresto, viene effettuato il primo e vincente esperimento di bonifica con idrovore a vapore. A seguito di questo, Pietro Salvatori allestisce, nel 1850, un complesso idrovoro, che si trasforma in consorzio e riesce, nel giro di tre anni, a prosciugare e recuperare alla coltivazioni ampie zone vallive. Nel 1856 sono undici le idrovore in attività. Trent’anni dopo supereranno le ottanta unità.

Il tempo delle idrovore

Il risultato di questa attività non è solo quello di recuperare, a favore dell’agricoltura, vasti terreni paludosi. Si tratta, soprattutto, di far espandere nuove colture oltre al tradizionale ciclo frumento-granoturco-vite. Partono quindi altre coltivazioni : canapa, foraggio, riso e barbabietola. Per quest’ultima, vengono fatti importanti investimenti dall’industria zuccheriera. Seguono altri investimenti e notevoli sgravi. Per i consorzi ed i proprietari viene prevista la riduzione dei costi di gestione e produzione, merito anche della trebbiatura a vapore. Come scrive Luigi Lugaresi : “la rivoluzione meccanica dell’agricoltura acuisce gli squilibri sociali, generando, a breve termine, la proletarizzazione bracciantile”.

La disastrosa rotta dell’Adige del 1882 comporta il taglio della Fossa di Polesella ed il completamento della bonificazione della valli veronesi. Si aggrava così la situazione polesana. Infatti, come ha modo di rilevare Mario Zucchini : “il Po, rialzato dal suo letto, non consentiva più lo scolo nel suo alveo delle acque provenienti dai terreni della Transpadana”. Il Canalbianco diventa così l’unico recipiente delle acque che provengono dall’alto veronese. Non può, però, per ovvie ragioni, adempiere alla sua funzione di scolo principale. E’ il punto di partenza per infinite polemiche che danno luogo a progetti, rimandi, attese e soluzioni lasciate in sospeso.

L’intensificazione dell’attività di bonifica del 1900

Attorno all’ultimo decennio del secolo, però, si intensifica l’attività di bonifica a vapore e si pongono le premesse per quella che sarebbe stata l’opera di completamento nei primi anni del 1900. Si inizia con la bonifica dell’isola di Ariano e si prosegue con l’intensa attività di numerosi consorzi. Si prosegue poi, nel tempo, con un incremento ed una riorganizzazione fra il 1910 ed il 1929. Il progressivo prosciugamento delle Valli del Delta del Po porta guadagno in termini di agricoltura ma innesca processi sociali legati alla riorganizzazione di proprietari e latifondisti ed anche processi migratori. Bisogna aspettare la grande alluvione del 1951 perchè la maggior parte di questi problemi trovi soluzione.

Fonte: Sergio Garbato, Dove finisce il fiume. Foto: Nordestquotidiano, Mondi e viaggi, Percorsi Polesani.

Il tempo delle Idrovore in Polesine, la storia ed i primi impieghi ultima modifica: 2019-06-19T11:20:30+02:00 da Alessandro Effe

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