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I venti di Villadose, una barbara tragedia di libertà

Partigiani polesani, l'episodio del Venti di villadose fu compiuto come rappresagglia

La resistenza Polesana vide all’opera circa 1935 partigiani, suddivisi in otto brigate. Centocinquanta i morti accertati. Caduti in combattimento, fucilati, impiccati, deceduti sotto le torture. Tra le più controverse figure della resistenza Polesana, senza dubbio vi è quella della Banda Boccato. Quella di Eolo Boccato, della sua famiglia e dell’omonima banda partigiana attiva nel Polesine è una storia tragica, come tragica fu la guerra civile combattuta tra il 1943 e il ‘45 in conseguenza della rinascita del fascismo nella sua variante repubblicana.

Eolo Boccato, uno dei componenti della banda Boccato già decimata ai tempi dei Venti di Villadose

Una storia che per la sua crudezza non si presta ad essere incorniciata negli album ufficiali della Resistenza. Anche se nella lotta armata antifascista esperienze simili furono tutt’altro che rare. Basti citare le bande di altri due “irregolari” quali Silvio Corbari in Romagna e il veneziano Elio Wokiecjvich a Carrara. Ancora oggi, in tutto il Polesine, la memoria collettiva si divide sul ruolo della banda Boccato. Da un lato ci sono quelli che rivendicano il coraggio e la coerenza. Dall’altro quanti ritengono le imprese di Eolo e dei suoi alla stregua di azioni criminali, nonostante che alla sua memoria sia stata assegnata una medaglia d’argento per meriti partigiani .

I rastrellamenti in Basso Polesine

L’eccidio di Villamarzana e il successivo rastrellamento della zona compresa tra Occhiobello, Fiesso Umbertiano e Stienta, con la cattura di 2800 persone (molte delle quali arrestate e poi condotte in Germania), segnarono per più di un verso la disfatta dei partigiani polesani. Essi, infatti, per alcuni mesi, si limitarono a piccole azioni di sabotaggio. Nell’attesa, cercavano di riorganizzarsi.

Tra il novembre ed il dicembre del 1944 ci furono numerosi rastrellamenti in Basso Polesine e ad Adria. Erano volti a reprimere definitivamente quanto restava della resistenza. Le efferatezze compiute in quei giorni da parte dei fascisti sono la testimonianza ancora dolorosa di una ferocia e di una crudeltà intollerabili. Nei primi mesi del 1945 venne eliminata anche quello che rimaneva della famigerata Banda Boccato. Essa, in piena furia da vendetta, si era resa responsabile di episodi di barbara violenza.

I Venti di Villadose

A primavera i partigiani tornano ad organizzarsi, vogliono tornare a combattere tentare di sconfiggere definitivamente un nemico che si apprestava a fuggire sotto l’incalzare dell’avanzata alleata. Il 23 aprile, i partigiani entrano a Castelmassa e subito dopo a Stienta. Poi ancora a Rovigo, Polesella, Adria, Contarina, Donada e poi, man mano, negli altri centri del territorio Polesano. Il 25 aprile, però, mentre l’Italia e tutto il Polesine, festeggiava per la liberazione, vi era in agguato una tragica conclusione. Una nuova e cruenta strage.

Le lapidi dei Venti di Villaldose

I tedeschi, in fuga, nel primo pomeriggio, per garantirsi sicurezza durante la ritirata, effettuarono alcuni rastrellamenti in località Priviere di Ceregnano. In quel luogo si erano verificate, infatti, alcune scaramucce. Furono catturati diversi ostaggi, 23 dei quai, in gran parte adolescenti, furono accompagnati a piedi fino a Villadose, dove è di stanza il comando Tedesco. Qui, i prigionieri, dopo essere stati rinchiusi per qualche tempo in un casolare adiacente al cimitero, vennero passati alle armi. A gruppi di tre. Moriranno in venti, tre non si sa per quale miracoloso accadimento, riuscirono a salvarsi.

Fonte: Sergio Garbato. Foto: Flickr (Pivari, F.), Delta del Po, Polesine 24. Twitter.

I venti di Villadose, una barbara tragedia di libertà ultima modifica: 2019-04-25T10:17:57+02:00 da Alessandro Effe

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