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La cucina Polesana. Un viaggio tra storia e memoria

uno dei piatti della Cucina polesana

Come di consueto, per i nostri lunedì, parliamo di cibo. Su questo blog sono passate molte ricette, più o meno conosciute, più o meno provenienti da tradizioni di famiglia. In alcuni casi siamo andati sul classico, come quando abbiamo parlato di polenta o di zucca, in altri casi siamo andati a scovare antiche ricette, magari non più molto in voga se non nelle famiglie, come ad esempio il latteruolo o i coari. Oggi proviamo ad immaginare una sorta di viaggio in tutto quello che è il mondo della cucina in Polesine. Divideremo questo viaggio in più parti, sperando sia anche per voi (come lo è stato per noi) una piacevole scoperta.

La cucina Polesana

La cucina Polesana è una cucina che si può definire ancora aperta. Non solo ad influssi e contaminazioni con le regioni limitrofe (il mantovano, in Lombardia e, in diversi punti, l’Emilia Romagna) ma anche a ritorni più o meno consapevoli al passato ed alla storia che l’ha attraversata. Un passato in cui, attraverso dominazioni differenti, vi erano confini incerti e mutevoli che andavano, faticosamente, delineandosi. Si ritagliavano così consuetudini, modi di fare, stili di vita, forme mentali e modelli culinari. Si andava, in sintesi, incontro ad usanze secolari e scambi reciproci con culture, religioni e popoli diversi.

I salumi, tipici nella cucina polesana

Pensate, ad esempio, alla miazza, un pinza di sangue di maiale e miglio che, nel processo di adattamento al territorio e nuovi usi, accoglie nuovi ingredienti che sostituiscono gli “originali”. La zucca, le patate dolci, le mele, la farina di mais, i fichi secchi. Oppure pensiamo alla tetine, un piatto il cui ingrediente principale era il fegato di maiale e che assomiglia in maniera incredibile alle omentata per come sono descritte nel De re coquinaria dell’Apicio. O, ancora, alle mortadelle, che fino alla metà del XVII secolo rappresentano le polpette, come in Polesine.

Il corso della storia

Storici del paesaggio stanno lavorando per rivedere alcune valutazioni che riguardano l’economia delle nostre pianure alluvionali a partire dall’Ottocento. Si parte da qui per rivedere alcuni luoghi comuni che arrivano indietro di alcuni secoli (fino ai tempi della Serenissima Repubblica). In nome della venezianità, ad esempio, si tendeva a far somigliare tutte le cittadine a Venezia. Da Adria a Lendinara fino a Badia Polesine e poi Rovigo e Loreo. Quest’ultimo, da secoli, avamposto veneziano. Per questo motivo, quando agli inizi del ‘500 il Polesine diventa Veneziano il quadro, per gli storici, diventa desolante. Soprattutto per quello che, visto il territorio, avrebbe riguardato l’agricoltura.

Nella realtà, poi, le cose presero una piega diversa e più sfumata. Si deve considerare, infatti, che lo scenario del Polesine era, già anticamente, costituito da paludi e che queste, sapientemente utilizzate, avrebbero dato raccolti più che abbondanti proprio grazie all’umidità del terreno. La particolarità della terra polesana è, comunque, lodata in molti scritti. Il vecchio Plinio, ad esempio, loda la bontà del vino Adriano degno, a suo dire, di fare bella figura accanto ai vini più prestigiosi al tempo. Oppure il caso di Varrone, che definisce il Polesine la terra più adatta all’allevamento di maiali. Arriva a raccontare dell’esistenza di maiali così grossi da non potersi reggere in piedi tanto da fungere come luogo di riparo per le talpe.

Fonte: Cucina Polesana. Foto : Buonissimo, Ristorante al Cavaliere, Il polesine.

La cucina Polesana. Un viaggio tra storia e memoria ultima modifica: 2019-07-08T09:01:48+02:00 da Alessandro Effe

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