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Le ville nella campagna polesana, funzioni ed usi

Tenuta Ca Zen, una tra Le ville nella campagna polesana

La campagna Polesana è, senza ombra di dubbio, un luogo a parte. Può apparire, alla vista, piatta e sonnacchiosa, ma è splendida da attraversare. Vi si trovano ancora diversi casali e case contadine, oppure le caratteristiche barchesse, alcune delle quali, ristrutturate, fanno bella mostra magari dagli argini del Po o dell’Adige. La vocazione contadina emerge in tutta la sua prepotenza, soprattutto a primavera quando è possibile ammirare il bello della natura in tutto il suo splendore. A Fienil del Turco (a pochi km dal capoluogo), viene organizzata ogni anno, in maggio, la “Passeggiata di primavera“. La consiglio vivamente a tutti perchè, oltre ad essere un ottimo modo per tenersi in forma, permette di godere appieno della campagna circostante.

Le ville nella campagna polesana

Tra il Seicento ed il Settecento, le ville patrizie continuano a diffondersi un po’ su tutto il territorio. Spesso rifacendosi a modelli costruttivi precedenti e ripetendo, in definitiva, una tipologia di costruzione che poteva essere catalogata tra il complesso agricolo aziendale e la dimora del gentiluomo di campagna. Ciò senza dover sottolineare più di tanto le differenze. Si tratta, in genere, di ville che possono avere anche dimensioni importanti e non esenti da alcune pretese estetico-architettoniche. Alla villa si allaccia (in alcuni casi fino a far corpo unico con essa) un oratorio. Destinato, in molti casi, ad essere punto di riferimento religioso per l’intera comunità. Ciò perchè essa vive e prospera intorno ai possedimenti patrizi.

Alla costruzione, inoltre, si aggiungono in genere dei rustici, che rispondono sempre alla determinante funzione agricola. Le ville nella campagna polesana non si fissano mai strettamente entro i termini di una univoca tipologia ma presentano, anzi, una contenuta eterogeneità. Essa si rifà ad una limitata varietà di modelli costruttivi che prediligono l’architettura veneta del tardo Cinquecento. Nella fascia rivierasca, invece, vi è una prevalenza di stile evidentemente emiliano-ferrarese.

I metodi costruttivi

In una alternanza di modestia e dignità formale, si stabilisce, di solito, un loggiato al piano nobile. Esso è costituito da una trifora o da una bifora a cui corrisponde una sala. Su questa si aprono le altre stanze. Sono metodi costruttivi che si susseguono e proseguono fino a tutto il Settecento, con qualche variazione e piccoli adeguamenti ed adattamenti. Questi ultimi saranno particolarmente avvertiti in epoca neoclassica. Frequenti saranno le ristrutturazioni degli edifici più antichi. Non mancherà un largo uso di frontoni giustapposti oltre la linea di gronda. Stesso discorso per le rampe delle scale sulla facciata o l’incorniciatura marmorea di portali e finestre.

Barchesse e rustici finiranno, col tempo, per trovarsi in posizione più eccentrica rispetto alla casa padronale e proporranno sempre soluzioni architettoniche autonome e particolari. La villa settecentesca, comunque, sarà spesso condizionata dalla moda e dalla villeggiatura, che unisce, in questo caso, l’utile e il dilettevole. Nel primo caso perchè vi poteva essere il controllo da parte dei proprietari delle fittanze e dei raccolti e nel secondo perchè vi poteva essere il ritorno (seppur lezioso) alla vita di campagna ed al ritorno alla natura. In Polesine, infatti, trascorrevano molti mesi all’anno nelle loro tenute nobili ricche famiglie veneziane (come i Contarini, i Morosini, i Vendramin ad esempio). Molte ferraresi, come i Pio, i Saracco e i Nappi. Non mancavano, ovviamente, anche i nobili locali, come i Patella o i Camerini che investirono parte della loro fortuna in ville in campagna e monumentali palazzi in città.

Fonte: Sergio Garbato, dove finisce il fiume. Foto: Agriturismi.it, Ville e Castelli, Il pettegoloblog.

Le ville nella campagna polesana, funzioni ed usi ultima modifica: 2019-07-11T11:08:44+02:00 da Alessandro Effe

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