Le violente rappresaglie delle acque hanno ridotto, molto spesso, il Polesine ai minimi termini. Una provincia che però ha sempre saputo rimboccarsi le maniche e ricominciare. Nonostante tutto. Come abbiamo più volte sottolineato, il lavoro arginale è, per forza di cose, delicato, lungo e complesso. Ovviamente rafforzativo rispetto a quanto vi può essere stato precedentemente ed ogni volta un innalzamento dello scontro fra l’uomo e le acque. Per questo motivo, dalla Rotta della Cucca in poi, oltre ai disalveamenti dei fiumi, si è provveduto ad un lavoro di recupero delle terre per strapparle alle acque. E’ poi ovvio che contro la furia della natura a volte vi è ben poco da fare, nonostante si possa in qualche modo essere preparati. D’altronde, la grande alluvione che colpì Firenze (e la Toscana) nel 1966, pur essendo avvenuta in epoca tutto sommato “moderna”, presentò comunque un altissimo conto da pagare.
Il contesto storico
Il Polesine e soprattutto Rovigo, in quel particolare contesto storico, risultano essere ancora sotto il dominio Estense (anche se sotto il controllo veneziano per via del prestito). Nel 1413 sulla provincia si abbatte la calamità della peste. Come non bastassero le carestie quasi quotidiane dovute alle guerre, bisogna fare i conti anche con questa malattia. Per far fronte a questa epidemia la nobildonna Piacenza Casalini dispone che la chiesa di Santa Giustina si trasformi in ospedale affinchè si provveda all’assistenza dei malati visto che l’Ospedale della Misericordia risulta insufficiente.
La Repubblica di Venezia, risulta essere, invece, da diverso tempo in guerra contro i Visconti di Milano. L’oggetto del contenere consisteva in : Bergamo, Brescia e la Val Camonica. Durante le offensive del 1431-33 i milanesi si trovano nella necessità di trasportare truppe dal Po all’Adige. Per arrivare allo scopo provocano, nel 1432, una “rotta” all’altezza di Castagnaro in modo da allagare le valli veronesi per rendere agevole il passaggio. Ciò provoca un’altro grande disastro fluviale. Il già delicato sistema idraulico viene nuovamente sconvolto in maniera drammatica.
La Rotta della Malopera
Nel corso della guerra fra Milanesi e Veneziani, i Gonzaga di Mantova si alleano con i primi e nuovamente, per agevolare il passaggio di truppe dal Po all’Adige, provocano, un’altra rotta. Questa volta, nell’autunno del 1438, una decina di chilometri più a Sud, all’altezza di Badia Polesine. Memore del disastroso esito di Castagnaro si cerca, questa volta, di effettuare la manovra con più perizia, cosa che, purtroppo, non succede. Il canale aperto esondò, disalveando il corso del fiume ed invase le campagne circostanti. Proprio la mancata riuscita di procurare una rotta “controllata” diede il nome alla Rotta della Malopera (“Malopera” appunto per l’imperizia). Quale che sia stata la mala opera le conseguenze vengono pagate pesantemente dalla popolazione. Il Polesine si allaga, migliaia di persone perdono terra e case, l’economia basata sull’agricoltura completamente distrutta.
Inoltre, le operazioni belliche in corso ritardarono, come è logico, gli aiuti a quanti erano in difficoltà. Va da se che le opere di bonifica realizzate fino ad allora vengono completamente devastate. Dalla rotta si origina il Canale della Malopera le cui acque si riversano nel canale di Castagnaro e poi nel Tartato. La portata delle acque è però tale da disalveare il Tartaro al punto che diviene necessaria una nuova canalizzione. Le acque che lì dentro riversava l’Adige erano però molto più bianche rispetto a quelle del Tartaro e la gente prende così a chiamare Canal Bianco il nuovo canale costruito.
Fonte: Leobaldo Trainello. Foto: Unife, Fipsas, Martinaway.