La cucina polesana del riuso - La deliziosa pinza di polenta

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La cucina polesana del riuso – La deliziosa pinza di polenta

Pinzapolenta 3

​La polenta è uno degli alimenti storicamente più usato in Veneto ed in Polesine. Così tanto da essersi diffuso, nel tempo, un processo di identificazione che ha pochi eguali al mondo. Come la pizza a Napoli, gli arancini in Sicilia, la carbonara o l’Amatriciana a Roma e, in generale, nel Lazio. Un processo identificativo così forte da aver creato anche un appellativo, a volte poco lusinghiero per identificare, appunti, i polesani ed i Veneti tutti.

Un alimento di sopravvivenza

Per ampissime fasce di popolazione ha rappresentato, altresì, nel tempo, una preziosa (ed a volte unica) risorsa di sopravvivenza tanto da portare, nel tempo, alla diffusione di specifiche patologie come la pellagra. E’, comunque, un cibo eccezionale che si presta a svariati abbinamenti gastronomici. E, come per tutti i cibi carichi di storia, ognuno ha il suo modo di prepararla, ognuno i suoi segreti ed i suoi trucchi, a volte tramandati per generazioni. Seppur considerato un cibo povero gli avanzi, non si buttavano (buttare il cibo era “pecà mortal”), ma si riusavano con sorprendente semplicità ed efficacia.

Si iniziava con il riporre sul fuoco il paiolo, dopo aver versato la polenta sul tagliere, in modo che quanto rimasto attaccato alle pareti si seccasse e potesse essere staccato. Erano le crost, che, come in altre regioni povere, trovavano numerosi impieghi. Nel latte del mattino per i bambini, o come accompagnamento di qualche pezzo di formaggio o fetta di salame. Nel Bellunese era famosa una minestra di croste di polenta, autentica ghiottoneria con gli spinaci selvatici. Gli eventuali avanzi di polenta trovavano, poi, numerosi utilizzi. Fritta o abbrustolita, era ideale per il companatico (eventuale) del giorno dopo, o diventava essa stessa companatico quando, infornata, era condita con sugo di pomodoro e formaggio grattugiato, o con burro, formaggio e un pizzico di pepe, oppure unita al latte per la colazione del mattino.

La pinza di polenta

Era anche riusata nel peston de polenta e patate (polenta fredda, patate cotte nel burro e formaggio), mentre, nella cucina ampezzana, polenta e patate lesse avanzate venivano tagliate a piccoli pezzi e rosolate, con cipolla affettata, in poco burro e latte (poco anch’esso), fino a completa doratura per realizzare il grostel. E ancora, le patate avanzate, tagliate a fettine, si gettavano per qualche minuto in acqua bollente dove già erano a ricuocere pezzetti di polenta. Il tutto, una volta scolato, si condiva con burro fuso e “zigar” (una specie di ricotta leggermente affumicata). Dove però le massaie si superavano nel riuso della polenta era nei dolci. Anche solo ridotta a cubetti e fritta in lardo o strutto, e appena zuccherata, era una delizia per i bambini.

In Polesine, veniva riusata per preparare la pinza di polenta o le frittelle di polenta. In entrambi i casi, non esistevano ricette codificate. Il sistema di preparazione, però, era comune, in quanto la polenta veniva sminuzzata e ammorbidita con acqua o latte, quindi impastata con un po’ di farina (di mais e/o di grano) e zucchero, aromatizzata con liquore a piacere e, all’impasto, veniva aggiunto quanto disponibile al momento: uvetta, fichi secchi e quant’altro. Facoltativo il lievito in bustina. La pinza era poi cotta in forno o sotto la cenere del focolare e mangiata fredda, cosparsa di zucchero a velo, mentre le frittelle venivano preparate friggendo, nel grasso disponibile, l’impasto a cucchiaiate.

Foto: Dissapore, Sarda in Saor, La cucina italiana. Fonti: Accademia della cucina italiana.

La cucina polesana del riuso – La deliziosa pinza di polenta ultima modifica: 2019-01-21T09:22:31+01:00 da Alessandro Effe

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